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Riccardo Gazzola
“Se possono farlo loro, perché non posso io?“
“Ero troppo testardo per dire che non potevo farlo.“
Credits
Published by : Abanoub Aziz Rizk
Introduzione / Introduction
Incerto sul luogo esatto in cui abita il Signor Riccardo, mi sono sentito piuttosto timido avvicinandomi alla casa che avevo presupposto fosse la meta da raggiungere. Dopo aver bussato e aver atteso qualche secondo alla porta, mi è parso di sentire le parole “Avanti, avanti”, ma non ero ancora sicuro di essere nel posto giusto. Una volta che la porta si è aperta, qualcosa di abbastanza insolito mi ha colpito. C’era una bottiglia di vino sul tavolo da pranzo. Nella mia mente ha balenato subito un pensiero: “Devo essere indubbiamente in una casa italiana”.
Il mio corpo provava più emozioni: da una parte ero molto entusiasta di iniziare questo viaggio di apprendimento esperienziale, dall’altra sentivo una fortissima sensazione di nostalgia del mio paese d’origine, l’Italia.
Il 6 ottobre del 2017 ho avuto il privilegio di incontrare Riccardo Gazzola e anche la fortuna di trascorrere del tempo con lui a tavola e di ascoltare la storia unica e straordinaria sul passato di un membro della comunità italiana di Guelph come lui. La vita di Riccardo si può definire un successo immenso accompagnato dal forte attaccamento alle sue radici italiane che mi ha veramente colpito e mi ha dato molti spunti su cui riflettere.
Vedo un po’ di me stesso nella storia interessantissima di Riccardo Gazzola. Mi chiamo Abanoub Rizk e, sebbene il mio nome non sia di origini italiane, sono nato a Torino, in Italia, e ho vissuto lì per ben 11 anni prima di trasferirmi in Canada con la mia famiglia. I miei genitori sono entrambi egiziani e la prima parte della mia vita l’ho vissuta con due identità diverse che però mi appartenevano entrambe: il contesto egiziano che mi era stato portato dalla mia famiglia e dalle mie origini e il mondo italiano da cui ero circondato. Una volta trasferitomi in Canada, ero comunque circondato da una famiglia egiziana, con una mentalità italiana, ma si è aggiunto un nuovo mondo, quello canadese. Per molti motivi, la storia di Riccardo è parallela alla mia esperienza di vita e per questa stessa ragione, abbiamo sviluppato in poco tempo una forte connessione, poiché ad un certo punto della nostra vita ci siamo ritrovati entrambi immigrati stranieri che vivevano in un luogo lontano da casa. La nostra connessione si è rafforzata anche nel momento in cui Riccardo ha iniziato a chiamarmi Beppe, nomignolo che mi davano i miei amici in Italia.
Appena entrato in casa, sono stato accolto in maniera molto calorosa. Mi è stato offerto qualcosa da bere e da mangiare, facendomi ricordare i bei giorni della mia vita in Italia. Riccardo mi ha anche offerto del vino che aveva fatto lui! Il carattere amorevole di una cultura così magnifica era tutto racchiuso nel personaggio che avevo appena incontrato, Riccardo Gazzola. Dopo essermi presentato a Riccardo, abbiamo sviluppato rapidamente una forte connessione. Sebbene Riccardo fosse nato in Canada, aveva vissuto tutta la sua vita con una famiglia italiana con delle radici molto consolidate.
Durante il corso della sua vita, Riccardo ha continuamente raggiunto l’eccellenza nel suo percorso d’istruzione e ha sempre valorizzato l’importanza della scuola. Riccardo si è diplomato al grado 12° e ha deliberatamente deciso di continuare a studiare per un anno per poter continuare gli studi superiori in settori a cui altrimenti non sarebbe riuscito ad accedere. Riccardo si è laureato con il massimo dei voti in ingegneria e ha intrapreso la carriera di ingegnere. Mentre i suoi genitori non avevano avuto lo stesso livello di istruzione, Riccardo ha imparato autonomamente a studiare sodo e, di conseguenza, è stato in grado di distinguersi sempre ed essere uno studente eccezionale. Anni dopo, si è appassionato al campo del diritto e ha dedicato ancora molti anni a studiare per diventare avvocato. L’educazione di Riccardo non finisce qui, poichè si è iscritto anche a un programma misto di scienze e biologia e ha svolto delle ricerche sui calabroni.
Riccardo è stato anche un membro molto attivo della comunità di Guelph. È stato fiduciario scolastico per il consiglio della Wellington Catholic School, arbitro e allenatore di hockey, allenatore di pallacanestro per minorenni, membro del club italo-canadese di Guelph, membro della società di giurisprudenza dell’Upper Canada e molto altro ancora.
Per quanto riguarda la vita sentimentale, Riccardo ha sposato Jean Kurys, un’infermiera professionale, nel 1962 all’età di 29 anni, e ha avuto 4 figli: Stephen, Andrea, Lisa e Mark.
In questo archivio digitale presenterò diversi aspetti della vita di Riccardo attraverso l’uso di temi, storie e foto.
Unsure of the exact location of Richard’s residence I felt quite timid approaching the presupposed house. After knocking and waiting a few seconds at the door, I seemed to hear the words “Avanti, avanti” but I still wasn’t sure I was at the right place. Once the door opened, something quite unusual struck my eyes. The first thing I noticed when I entered, was a bottle of wine on the dinner table. Indubitably I must have been in an Italian home.
While I was very excited to begin this Experiential Learning Journey, I immediately felt a feeling of homesickness to my home country, Italy.
I had the privilege of meeting Mr. Riccardo Gazzola on October 6th 2017. I was fortunate enough to spend time with him at the dinner table and to listen to the rich past of his unique and remarkable story as a member of the Guelph Italian Community. Riccardo’s immensely successful life and strong attachment to his Italian roots truly struck me and gave me many lessons to learn.
A little bit about myself before moving to the more interesting story of Riccardo Gazzola. My name is Abanoub Rizk, and although my name is not Italian, I was born in Torino in Italy, and I lived there 11 years before moving to Canada with my family. My parents are both from Egypt, so I was born into an Egyptian family, while surrounded by an Italian world. Once I moved to Canada I was still surrounded by an Egyptian family, lived inside an Italian mind, and I was surrounded by an English-speaking world. In many ways, Riccardo’s story parallels my life experiences and for this same reason, we very soon developed a strong connection, as at some point in our lives, we were both foreigner immigrants living in a place away from home.
As soon as I walked into the house, I was given a very warm welcome. I was offered something to drink and eat, making me reminisce the beautiful days of my life in Italy. The loving nature of such a magnificent culture was all enclosed in the character I was meeting, Riccardo Gazzola. After introducing myself to Riccardo we quickly developed a strong connection as he understood the struggles of having to acclimatize to a new way of life. Although Riccardo was born in Canada, he lived with an Italian family who greatly valued their Italian roots. In addition, they lived their life the same way Trevisani lived in Italy during the late 1800s.
Throughout his life, Riccardo continuously showed excellence in his education and valued the importance of school. Riccardo graduated grade 12, and deliberately decided to remain an extra year to pursue higher studies in fields that were outside of his expertise. Riccardo graduated high school with excellence of grades and continued to pursue a career as an engineer. While his parents were not exposed to the same level of education as him, he learned independently to work hard and as a result, he was able to stand out as an outstanding student throughout all of his schooling. Years later, he felt passionate about the field of law and dedicated many more years to studying and becoming a lawyer. Riccardo’s education does not end here, as he enrolled in a miscellaneous program in science and biology, along with doing research on bumble bees.
Riccardo was also a very active member of the Guelph community. He was a school trustee for the Wellington Catholic School board, a minor hockey referee, a minor hockey coach, a minor basketball coach, a member in the Italian Canadian club, a member of the Law society of Upper Canada, along with a lot more.
In addition, Riccardo married Jean Kurys, a registered nurse, in 1962 at the age of 29, and has had 4 children: Stephen, Andrea Lisa and Mark.
In the following archive I will present different aspects of Riccardo’s life through the use of themes, stories and photos.
Casa Lontana da Casa / A Home Away from Home
Casa Lontana Da Casa
Il ricco passato di Riccardo lo rende un individuo unico della comunità italo-canadese. “Una cultura congelata nel tempo”, è come Riccardo ama descrivere le sue radici italiane. Le origini italiane di Riccardo risalgono a molti anni fa, quando sua nonna viveva ancora nella penisola a forma di stivale. La lingua e la cultura italiana sono state sempre presenti nella vita di Riccardo ed egli le riscopre in un posto che non si sarebbe mai immaginato: durante un viaggio in Brasile con i suoi colleghi.
“Rio Grande Do Sul” appariva come un posto magico agli occhi di Riccardo. Questa piccola città, situata in terra brasiliana, significava molto per Riccardo perché era popolata da italiani che, proprio come lui, erano anche loro “congelati nel tempo”. Durante la fine del 1800, ci fu una massiccia immigrazione di italiani in questa area a causa della crisi politica e finanziaria che aveva colpito l’Italia. La maggior parte degli immigrati erano contadini poveri provenienti dal Trentino e dal Veneto, nel Nord Italia, che erano stati affascinati dalla vasta presenza di terra in quella regione del Brasile. Molti dei piccoli agricoltori coltivavano uva e vivevano vite semplici, che ricordavano la vita di casa.
Lo stile di vita dei residenti brasiliani era molto simile a quello di cui la nonna di Riccardo aveva sempre parlato. Proprio come a casa, i residenti brasiliani era come se fossero nati per lavorare e combattere. Anche lo stile di vita dei bambini, data l’assenza della TV, era molto simile a quello descritto da sua nonna. Le madri si sedevano a tavola e lavoravano a maglia, cantavano canzoni, parlavano con i bambini, poi andavano tutti a dormire insieme.
Sotto diversi punti di vista, le visite di Riccardo in Brasile gli ricordavano di più le sue radici italiane che non gli stessi luoghi da cui proveniva e in cui aveva vissuto la sua famiglia. La differenza era che le persone in Italia erano immensamente influenzate dallo sviluppo della tecnologia, mentre quelle in Brasile si erano bloccate nel tempo ed erano abbastanza disconnesse dai progressi del mondo. Ad esempio, Riccardo non riuscì a credere ai suoi occhi quando vide un residente brasiliano arrotolare una sigaretta con la “scartoce delle panoce,” che era una carta arrotolata fatta di amido. Quando Riccardo chiese al residente se fosse davvero quello che pensava, lo stesso residente fu sorpreso. Riccardo aveva sempre sentito parlare di quest’usanza, ma non l’aveva mai vista compiere di persona.
Inoltre, altri aspetti della vita erano simili a quelli descritti da sua nonna. Ad esempio, l’uso della falce ricordava il modo in cui gli italiani tagliavano l’erba. Riccardo dice che molti piatti, come la polenta, venivano cucinati in modo analogo a quello in cui sua nonna li preparava.
Un’altra grande sorpresa per Riccardo è stata anche il trovare delle somiglianze nella lingua parlata. Nel Rio Grande Do Sul, l’idioma usato era un dialetto veneto molto simile a quello che Riccardo aveva imparato da sua nonna. Riccardo ha creduto che l’intera esperienza fosse sorprendente e che gli abbia fatto fare un grande tuffo nel passato.
In conclusione, mentre molti turisti hanno visitato il Rio Grande Do Sul per le belle attrazioni naturali, per Riccardo, questo posto è stato una finestra sul passato, un incontro con la ricca cultura di quella che un tempo chiamava “casa”.
A Home away from Home
Riccardo’s rich past renders him a unique individual amongst the Italo-Guelph community. “A culture frozen in time”, is how Riccardo likes to describe his Italian roots. Riccardo’s Italian origins go back many years to the time his Grandmother lived on Italian soil. The language and culture remained deeply attached to Riccardo’s life.
“Rio Grande Do Sul” was a magical place in Riccardo’s eyes. This small town located on Brazilian soil, meant a great deal to Riccardo because it was populated by Italians who, just like him, were also frozen in time. During the late 1800s, there was a massive migration of Italians to this location due to the political and financial crisis back home. Most immigrants were poor peasants from Trentino and Veneto, in Northern Italy, who were fascinated by the vast presence of land in that region of Brazil. Many of the small farmers cultivated grapes and lived simple lives, reminiscent of the life back home.
The lifestyle of the Brazilian residents was very similar to the one Riccardo’s grandmother would always speak about. Just like back home, the Brazilian residents were born to work and continued to fight until they died. The lifestyle of children, with the absence of TVs, was also similar to the way his grandmother described it. The mothers would sit on the dinner table and knit, sing some songs, talk to the kids, then they would all go to sleep together.
In many ways, Riccardo’s visits to Brazil resembled his Italian roots more than visiting the same places his family came from. The difference was that people in Italy were immensely affected by the development of technology while those in brazil froze in time and were fairly disconnected from the world’s advancements. One example when Riccardo saw something in Brazil that he couldn’t believe was when a resident rolled a cigarette with the “Scartoce delle panoce” which involved rolling paper made of starch. When Riccardo asked the resident whether it was indeed what he thought, the resident himself was surprised. Riccardo had always heard of this concept but never seen it in person.
In addition, other aspects of life were similar to the way his grandmother described. For example, the use of the Falsa was reminiscent of the same way Italians back home would cut grass. Also, Riccardo describes that many dishes, such as polenta, were cooked in very resonant ways to how his grandmother used to prepare them.
In addition to the similarities in lifestyles, the language spoken was also to great surprise to Riccardo. In Rio Grande Do Sul, the language spoken was a Veneto-based dialect very similar to the one Riccardo learned from his grandmother. Riccardo believed the experience to be amazing and truly brought back memories of his past.
In conclusion, while many tourists visit Rio Grande Do Sul for the beautiful natural attractions, for Riccardo, this place is a window to the past that encloses the rich culture of what he once called “home”.
Educazione / Education
Ingegnere? Avvocato? Cosa manca?
Istruzione e Perseveranza
La straordinaria storia di Riccardo inizia presto nella sua vita. Mentre i suoi genitori non hanno mai avuto l’opportunità di ricevere un’istruzione, gli hanno insegnato tante lezioni e l’hanno aiutato a sviluppare una forte etica del lavoro. La sua motivazione e la sua voglia di successo gli hanno permesso di ottenere grandi risultati e avere un impatto positivo sulla sua comunità.
Interessato a sapere da dove venisse questa spinta per l’istruzione, ho chiesto a Riccardo di parlarmi un po’ della sua vita passata. Sebbene i suoi genitori non avessero avuto la possibilità di ottenere un’istruzione, hanno sempre capito l’importanza di laurearsi e hanno supportato Riccardo nei suoi sforzi nel corso dei suoi studi.
Durante i primi anni dell’adolescenza, Riccardo non era sicuro di quale strada prendere e chiese consiglio a suo padre. Suo padre disse a Riccardo che uno dei suoi colleghi aveva fatto un sacco di soldi lavorando in fabbrica. Sul posto di lavoro, i dipendenti di questa fabbrica erano concentrati su mansioni manuali, come la riparazione di apparecchiature e dispositivi elettrici. Vedendo che c’era un’ooportunità in quel settore, Riccardo decise di perseguire un percorso d’istruzione negli studi tecnici applicati durante la scuola superiore. Riccardo non era nemmeno preparato e non aveva intenzione di andare all’università. Era interessato a settori quali òa falegnameria, i lavori meccanici, il lavoro elettrico, la meccanica automobilistica, ma non aveva intenzione di continuare gli studi.
Dopo il dodicesimo anno di scuole superiori, notò che molti dei suoi compagni di classe stavano continuando al tredicesimo grado, mentre era previsto che lui andasse a lavorare. Era imbarazzato perché credeva di avere quello che ci voleva per ottenere grandi cose nella vita e non essere impegnato solamente in lavori manuali. Riccardo disse a se stesso: “Se possono farlo loro, perché non posso io?”
Decise quindi di parlare con il suo preside, che, però, gli consigliò caldamente di non continuare gli studi, dato che non aveva frequentato i corsi giusti per prepararsi alla natura impegnativa dei corsi avanzati. Il preside disse a Riccardo: “Non ce la farai, c’è solo una persona nella storia del Guelph Collegiate Institute che ci è riuscita”. Infatti, negli studi tecnici applicati, gli studenti frequentavano solo corsi, ad esempio, sul come imparare a riparare officine meccaniche e disegno tecnico, ma non erano preparati per le scienze e i corsi di lingua. Dopo gli sforzi continui per convincere il preside che avrebbe potuto gestire degli argomenti impegnativi, fu finalmente in grado di iscriversi alle lezioni.
Una volta iscritto, faticò molto a scuola. Riccardo mi ha detto: “Ero troppo testardo per dire che non potevo farlo”. Aveva l’abitudine di chiedere aiuto ai suoi pari e andava dal professore per chiedere aiuto dopo la scuola. Tutte le materie erano al di fuori delle conoscenze che aveva acquisito nei quattro anni precedenti. Le classi a cui era iscritto erano algebra, geometria, trigonometria, inglese, letteratura, composizione inglese, chimica, fisica, botanica e zoologia. Alla fine della sua istruzione superiore, fece l’esame dipartimentale stabilito dalla provincia dell’Ontario e ottenne voti eccezionali. Era pronto a fare il prossimo passo.
Riccardo quindi decise di iniziare il suo viaggio nella scuola di ingegneria. Ha desritto l’università come estremamente estenuante: “Ingegneria è stata dura, – non mi ha preparato solo per i miei sforzi futuri, mi ha preparato per la vita. Era fisicamente e mentalmente dura, avevo bisogno di essere completamente concentrato”. Agli studenti di ingegneria era richiesto di frequentare più di 40 ore di lezioni e laboratori ogni settimana. Riccardo impiegò due anni per terminare il primo anno di corso, poichè stava anche lavorando per pagarsi gli studi.
Riccardo allora chiamò scherzosamente gli studenti non di ingegnieria “artsy partsy,” poiché si lamentavano per il loro programma di 15 ore alla settimana e facevano feste nei fine settimana. Gli orari faticosi degli ingegneri rendevano impossibile avere molto tempo libero, poiché la scuola doveva essere una priorità per avere successo.
Come parte del suo programma universitario, oltre ai difficili corsi di ingegneria, Riccardo doveva seguire corsi avanzati di inglese. Lui mi ha descritto questi corsi come fondamentali per il successo della sua carriera e ricorda ancora le parole del suo professore: “Se riesci a leggere, scrivere e capire la lingua inglese, riceverai il 100% in tutti gli esami”. Anche in ingegneria gli è stato richiesto di imparare la lingua inglese ad un livello avanzato.
Alcuni anni dopo aver completato i suoi studi, Riccardo iniziò ad interessarsi al campo del diritto. Decise di recarsi all’Università di Windsor dove iniziò la sua formazione per diventare avvocato. Si preparò per l’esame di ammissione alla scuola legale LSAT e fu ammesso con successo all’università. Rispetto alla scuola di ingegneria, Riccardo riteneva che la scuola di legge fosse molto più facile da gestire. Inoltre, per completare la sua istruzione, visse lontano dalla sua famiglia per un lungo periodo di tempo.
Come avvocato, Riccardo ricevette numerosi riconoscimenti per aver vinto con successo casi legali difficili. Lavorò in uno studio legale riconosciuto e continuò la sua carriera sia come ingegnere che come avvocato, senza dover scegliere tra i due campi di cui era appassionato.
L’istruzione di Riccardo non finisce qui. Anni dopo, Riccardo decise di tornare a scuola per studiare vari corsi di biologia in apicoltura e impollinazione, e per condurre ricerche sui calabroni. Dopo aver completato con successo i suoi corsi, è attualmente un orgoglioso contadino, un titolo da aggiungere a tutte le sue altre qualifiche. Lavora a un alveare nel suo cortile per fare il miele. Mi ha regalato un grande barattolo di miele fatto in casa e posso attestare personalmente che era assolutamente delizioso.
Alla fine dell’intervista, ero molto incuriosito dalla storia di successo di Riccardo. Sono rimasto anche piuttosto sorpreso, poiché nessuno dei suoi genitori aveva avuto accesso all’istruzione. Ho deciso di chiedere a Riccardo di spiegarmi da dove proveniva quella volontà interiore di avere successo e di andare a scuola. Ha risposto dicendo: “Tutte le storie che ti ho raccontato vengono da mia madre. Mia madre era Friulana e i friulniani sono noti per essere gente molto dura. Mia madre sapeva più della famiglia di mio padre di quanto ne sapesse mio padre stesso. Era una donna della mannaia. Mi sono identificato con gli italiani anche se sono nato in Canada, erano la mia famiglia “.
La madre e la nonna di Riccardo, entrambe cresciute in un’epoca in cui la maggior parte degli italiani non potevano continuare i propri studi, avevano iniziato a lavorare dopo il terzo anno di scuola elementare. La nonna di Riccardo non sapeva leggere né scrivere in inglese né in italiano. Aspettava con ansia il ventunesimo giorno di ogni mese quando riceveva il giornale locale e poteva così esercitarsi a scrivere. Aveva la volontà, ma le circostanze non le avevano permesso di ottenere un’istruzione. Aveva avuto bisogno di prendersi cura della famiglia e guadagnare.
In conclusione, l’esperienza di Riccardo come professionista riconosciuto in molteplici settori, come il suo amore per le sue radici italiane, gli hanno permesso di avere un impatto positivo sulla comunità. La storia di Riccardo mi ispira e mi motiva personalmente a continuare a perseguire i miei sogni.
Engineer? Lawyer? What’s left?
Education and Perseverance
Riccardo’s remarkable story begins early in his life. While his parents never had the opportunity to gain an education, he was taught lessons and developed strong work ethics. His motivation and drive to succeed enabled him to achieve great things and make a positive impact on his community.
Interested to know where that drive for education came from, I asked Riccardo to talk to me more about his past life. While his parents never had a chance to gain an education, they understood the importance of getting a degree and supported Riccardo in his endeavours throughout his early education.
During his early teenage years, Riccardo was unsure of what path to take and asked his father for advice. His father told Riccardo that one of his colleagues made good money working overtime at the factory. In the workplace, workers focused on manual jobs such as fixing equipment and repairing electrical devices. Seeing that there was an opening in the sector, Riccardo decided to pursue an early education in applied Technical studies throughout high school. Riccardo was not prepared and was not planning to go to university. He was interested in the fields of carpentry, machine jobs, electrician, auto mechanics but had no intentions to continue his education.
After grade 12, he noticed that many of his classmates were continuing onto grade 13, while he was expected to leave and start working. He was embarrassed as he believed he had what it took to achieve great things in life, and not just be involved in manual jobs. Riccardo said to himself, “If they can do it, why can’t I?”.
He then decided to speak to his principal, but he was strongly advised and warned not to continue with his education. He had not taken the right courses to prepare him for the challenging nature of the advanced types of courses. The principal told Riccardo “You are not going to make it, there is only one person in the history of the Guelph Collegiate who succeeded”. In applied Technical studies, students only took courses like learning to fix machine shops and drafting, but they were not prepared for the sciences and language courses. After continuous efforts to convince the principal that he could handle the strenuous subjects, he was finally able to enroll in the classes.
Once he was enrolled, he struggled a lot through school. Riccardo said, “I was just too stubborn to say I couldn’t do it”. He used to ask his peers for help and he used to go to the professor to ask for help after school. All the subjects tested were outside of the knowledge he had acquired in the previous four years. The classes he was enrolled in were algebra, geometry, trigonometry, English, literature, English composition, chemistry, physics, botany and zoology. At the end of his high school education, he wrote the departmental examination set by the province of Ontario and remarkably ended with exceptional grades. He was ready to continue to his next steps in his life.
Riccardo then decided to start his journey in engineering school. He describes university as being extremely grueling, “Engineering was tough, – Engineering didn’t just prepare me for my future endeavours, it prepared me for life; It was physically and mentally tough, I needed to be fully concentrated and focused”. Engineering students were required to attend over 40 hours of classes and labs every week. It took Riccardo two years to finish his first year of studies, as he was working on top of studying.
Riccardo then jokingly called non-engineering students “artsy partsy” as they would complain due to their 15 hour/week schedule and would party on weekends. The strenuous schedules of engineers made it impossible to have much free time, as school needed to be a priority to succeed.
In the university program, on top of the difficult engineering courses, Riccardo was also required to take advanced English courses. He describes these courses as being critical to his career success and remembers the words of his professor, “If you can read, write and understand the English language, you’ll get 100% in all your examinations”. Even in engineering he was required to learn the English language at an advanced level.
Later in life, Riccardo began getting interested in the field of law. He decided to travel to the University of Windsor where he began his education to become a lawyer. He prepared for the LSAT law school entrance exam and was successfully admitted into the university. Compared to engineering school, Richard believed law school was much easier to handle. On the other hand, in order to complete his education, he lived away from his family for an extended period of time.
As a lawyer, Richard received multiple awards for successfully winning difficult legal cases. He worked at a well recognized law firm and continued his career as both an engineer and a lawyer, without having to choose between the two fields he was passionate about.
Richard’s education does not end here. Years later, Richard decided to go back to school to study miscellaneous biology courses in apiculture, pollination and to conduct bumble bee research. He successfully completed his courses and is currently a proud contadino on top of all his qualifications. He works on a bee hive in his backyard to make honey. I was gifted a large jar of home made honey, of which I can personally attest, it was absolutely delicious.
At the end of the interview, I was very intrigued by the success story of Riccardo. I was also quite surprised, as neither of his parents had access to education. I decided to ask Riccardo to explain to me where that inner will to succeed and to go to school came from. He answered saying “All the stories I have told you originated from my mom’s side. My mother was Friulana, they were known to be very tough people. My mother knew more about my father’s family than my father himself, she was a cleaver woman. I identified myself with the Italians even though I was born in Canada, it was my family”. Riccardo’s mother and grandmother, both grew up in an era where most Italians did not continue their education, and instead started working after the third year of grade school. Riccardo’s nonna couldn’t read or write english or italian. She would look forward to the 21st day of every month since the newspaper would come in and she would practice hand writing. She had the will but the circumstances didn’t allow her to get an education. She needed to take care of the family and make money.
In conclusion, Riccardo’s experience as a recognized professional in multiple fields, and his love for his Italian roots, enabled him to make a positive impact on the community. Riccardo’s inspirational story motivates me personally to continue to pursue my dreams.
Leadership
Presidente dei Trevisani del Mondo – Riccardo Gazzola
Son partito al chiaro di luna per cercare un po’ di fortuna, e nel partir tutto dovei lasciare: questo l’é ‘l destin di chi deve ‘migrare! – Anonimo, canzone dell’emigrazione italiana
Un leader è una persona che guida o ispira gli altri all’interno di un’organizzazione o una comunità per raggiungere un obiettivo. Lo sviluppo della leadership inizia con la semplice consapevolezza che vuoi essere un leader. La vita offre molte opportunità di andare avanti e farsi carico di una situazione o, al contrario, di mettersi in secondo piano. Il coinvolgimento di Riccardo nella comunità, l’istruzione eccezionale e i forti legami con il patrimonio culturale italiano gli hanno permesso di essere eletto presidente dei Trevisani del Mondo per due anni consecutivi (Inserire anni).
Difendere gli altri a nome proprio è una caratteristica di alcuni dei più grandi personaggi della storia. Gli studi avanzati di Riccardo in ingegneria, ma in particolare in legge, gli hanno permesso di diventare un grande difensore dei Trevisani Del Mondo. Riccardo ha capito l’importanza dell’unità tra il paese italiano e gli emigranti di tutto il mondo. Le lotte che ha affrontato durante la sua vita e la ricca storia della sua famiglia lo hanno motivato a continuare a mantenere viva la cultura trevisana a Guelph.
La maggior parte degli immigrati italiani venuti a Guelph ottennero impieghi non qualificati presso fonderie, aziende manifatturiere e società di costruzioni. La comunità iniziò ad aprirsi con le strutture di servizio italiane per soddisfare le esigenze dei nuovi immigrati e, sebbene la maggior parte degli immigrati possedessero vacche, cavalli e orti, tutti fecero ciò che poterono per sopravvivere.
Molti immigrati avevano un contratto d’impiego con le strade ferrate e le fattorie e, dopo che il loro contratto giunse al termine, molti si stabilirono in diversi paesi del Canada. Gli immigrati originari non ebbero l’opportunità di essere coinvolti in politica o in professioni qualificate, tuttavia i loro figli stanno facendo un salto di primaria importanza nella comunità diventando imprenditori, produttori, artigiani, proprietari di industrie, medici, insegnanti, avvocati, consulenti legali e membri del parlamento.
Uno degli obiettivi principali dell’associazione Trevisani del Mondo è ricordare le storie dei migranti originari di Treviso. Il ruolo di Presidente per Riccardo Gazzola è stato (non ho abbastanza informazioni al momento, ma mi assicurerò di chiedergliele durante la nostra prossima intervista).
In conclusione, Riccardo crede che parte del patrimonio e della cultura italiana esista solo in Canada, poiché si è formato grazie all’incontro degli immigrati e del loro bagaglio culturale con l’ambiente del paese accogliente.
President of the Trevisani del Mondo – Riccardo Gazzola
Son partito al chiaro di luna per cercare un po’ di fortuna, e nel partir tutto dovei lasciare: questo l’é ‘l destin di chi deve ‘migrare! – Anonymous, song of the italian immigrant.
A leader is a person who guides or inspires others within an organization or community to achieve a goal. Leadership development begins with the simple realization that you want to be a leader. Life has many opportunities to press forward and take charge of a situation, or conversely, to shrink into the background. Riccardo’s involvement in the community, outstanding education and powerful ties to Italian heritage enabled him to be elected president of the Trevisani del Mondo for two consecutive years (Insert years).
Effective advocacy on behalf of others is a hallmark accomplishment of some of the greatest people in history. Riccardo’s advanced education in engineering, but most importantly in law, permitted him to become a great advocate for the Trevisani Del Mondo. Riccardo understood the importance of unity between the Italian Country and the emigrants around the world. His life struggles and his family’s rich history motivated him to continue the efforts of keeping the Trevisano Culture alive in Guelph.
The majority of the Italian immigrants who came to Guelph obtained unskilled labour jobs at foundries, manufacturing companies and construction companies. The community started to open up with the Italian service facilities to supply the needs of the new immigrants, and although the majority of the immigrants had their own cows, horses, gardens in the backyard, they all did whatever they could as form of survival.
A lot immigrants had contract work with the rail roads and farms and after their contract was completed, many settled in different pats of Canada. The original immigrants did not have the opportunity to become involved in politics or get involved in professions, however their children are now making a paramount onslaught into the community being contractors, manufactures, artisans, owners of industries, doctors, teachers, lawyers, member counsel and member of parliament.
One of the primary objectives of the Trevisani del Mondo Association is to remember the rich stories of emigrants from Treviso. Presidente Riccardo Gazzola’s role was (I don’t have enough information currently but will make sure to ask him during our next interview)
Riccardo believes that perhaps some of the original Italian Heritage and culture only exists in Canada, brought over by original immigrants.
Interview Video with Riccardo Gazzola
Transcrizione Riccardo Gazzola
Allora, me nonna mi cconteva le storie allora io conoscevo questo libro così. E noaltri “Contime le storie di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”. E mi penso che ea me conteva le storie di me popà e de mo de zii. Mi penso mi. Senza scherzo! E mi e me fradel io dicevo, conteme conteme Nonna! Conteme, Conteme! Povera nonna! Ah! Allora, vivevimo cosita. A casa me mamma lavoreva qualche volta, e mio popà lavoreva all’industria. La scomisieva a fare da magnar, la pasta asciutta, roba cosita. E me popà andava a fuori a caccia, fuori freddo mi e me fradel, con la canna doppia. Porteva a casa io sai, la rpimavera ndevimo ciapar le rane. Le rane piccole, quee verde, they call them leopard frogs! Have you heard of leopard frogs? Yes I have! Allora, tanti tagliano solo le gambe ma me nonna forse perche imparà cose quando era senza robe da magnar, ghe taglieva via la testa e dopo ciappeva cosi, toglieva via la pel, [?] e dopo tira via le gambe, allora iera come una H, cosita! Do gambe devanti, un pochettino di schenna, e do gambe de drio. Allora, poi li se ettechevo un pochetin de farina e sulla dentro ‘nte la padela, o se non washi tutto e te fe na fortaia. E cosita. Oh che bei ricordi. Ricordo bei tempi lì. E dopo me nonna ze morta a 88 anni, e no iera bon de dir gnanche una parola in inglese. Pensa ti! Pi meglioo per mi e me fardel perche viveva la maggiorparte quando ero giovane co me popà e me mamma. Allora in casa, parli con la nonna dalla terra alla tavola te parli italiano come che parlo mi adesso. Perche l’inglese, non te pol parlare inglese con la nonna. Allora.. e semo vegnui avanti cosita.
E me mamma quando che lavoreva durante il tempo della guerra qua lei lavoreva per n’industria nelle fabbriche del militeri. Allora, me ricordo che anca noaltri no ghemo dolci de compa[nadego?]… robe cosita. L’unico mistiere che femmo, i biscotti, e altro. I biscotti erano gli unico mestiere de dolci che feva in casa, i biscotti. Allora, i portavo casa a mia mamma, piuttosto di bevere il caffe co i do quadretti de suchero dentro con il caffe, porteva a casa uno per mi e uno fratello per me fradel. E per la festa del nadale, mi e me fradel vedemmo per la prima volta le narranze… walnuts… come se ciama, e noze? […] Solo il tempo del nadale! Dio mio!
Ma anca il tempo de quaresima, lori, me mamma e anche me nonna erano delle coghe tremendi. E iera bon de far 2 o 3 mila different piatti senza la carne al venerdi! Serve co i ovi, serve coa pasta in salsa, coe sardine, coi anchoi, coi bigoi, coi anciovi, un pochetin de canea.
E qua al tempo della seconda guera, tutti gli italiani, non solo nostra, i feva i pacchi de roba: i tacheva dentro maie, sugamani, fusia, aspirine, roba dei.. come se ciama.. come si dice tape in italiano tape. Scocth! Lori attacavano roba cosi a un pacco, li tireva stretto, e dopo con la penna permanente i scriveva l’indirizzo dove ndeva in italia. Perche là no i gheva e qua i ghevim …. Non solo gli italiani, anche i polacchi se avevano compagni, quei de la bassa italia tutti mandeva la carita, fin che podeva. Me mamma, della carità, c’era il gatto che ghea fatto i piccoli gattini là, lei andava di qua con un piatto con del latte e un pochettin de pan tocià dentro pa portagheo da magnar ai gatti, lei era proprio. Perche lei i dize che “ I poveri iuta i poveri” perchè ea iera sempre povera. Perchè i ricchi no iuta i poveri. I dize che i ricchi danno quando che i scominsia dar via i soldi per aiutare el popolo (li ciama in inglese philanthropist) e un me ga dito mi adesso i ciama philantropist perche i soldi che i da via i ga robà dai poveri e ga paura de morir e ndar in inferno e desso voe far la penitenza. [Par] ti pol essere vero? Come ze che ha fatto tutti questi soldi? Dae spae dei poveri. Che noi ga pagà abbastanza. I poveri aiutano i poveri. La carità…I poveri fanno pi carita dei ricchi. Perche un che ga 50 centesimi, che ze un povero ga volume [?] de cinquanta mila de un che ze un milionario.
Puteo, te conossi la parola puteo? No, non la conosco. Scrivila là, Puteo! Cosa sarebbe? Puteo o Putea. Puteo ze un toso, setu cosa ze un toso? Un mascio! Un piccinin mascio, el ze. Un puteo o un toso. E la femena ze putea o tosa! Allora, quando dize i parleva vedito, dicevo “Ma quanti tosi ghetu?” Non quanti masci e femene! “Quanti tosi, quanti putei ghetu?” Allora m ricordo queste paroe! Dio mio! Perche non se sente nanca desso. Io tante volte parlo con qualcuni tiro fori queste parole, poi el me guarda come che so insemenio! Allora, te vedi come so un pochettin confuso anca mi. Perche mi parlo el vero talian! I altri no me capisse, Dio mio! Te vedi?
Pal furlan, pal furnisan [?] se dize tosi, tusi, puttee e puttei ma i furlani i dize frus! Frus! Vuol dir putteo, quel toso, Frus! Le parole ze diverse. sono Quando che so ndato a Windsor col zio de me mamma, iero inte na casa furlana per 3,4 o 5 anni. El primo ano non iero bon de capir niente ! El iera tutto naltro…naltro [somethin] No iera bon de capir el furlan. Ciapavimo paroe, prof disea “Cosa te ga insegna to mamma!” [indistinto].
Un’esperienza che ispira/ An Inspiring Experience
Un’esperienza che ispira
Durante i miei incontri con Riccardo ho imparato molte lezioni e sono stato davvero ispirato dalla sua personalità unica. Questi incontri sono stati un bellissimo lungo viaggio alla scoperta di un frammento della sua vita.
La prima lezione che ho imparato è stata l’importanza dell’amore per la cultura e per l’apprendimento. Ascoltando la storia dell’istruzione eccezionale di Riccardo e che poteva sembrare irreale, quasi non riuscivo a credere a come lui sia riuscito a raggiungere tutti i suoi obiettivi, ma ciò gli è stato possibile grazie al suo amore per lo studio. Coltivando questa mentalità sin dalla giovane età, Riccardo è cresciuto credendo che nulla fosse impossibile. Ha approfittato di ogni opportunità per imparare, sia dentro che fuori dall’ambiente scolastico. La sua perseveranza ha avuto un ruolo enorme nel definire il suo personaggio. Le competenze apprese a scuola vanno oltre al materiale che un libro di testo può dare e credo che la forte etica del lavoro che è riuscito a sviluppare negli anni sia stata la chiave per la sua carriera di successo.
Inoltre, Riccardo è un individuo molto completo. Quest’esperienza mi ha insegnato l’importanza di avere vasti interessi che si traducono anche nell’interazione con la comunità. Dall’essere un fidato del consiglio scolastico cattolico, al ricoprire il ruolo di allenatore di squadre di hockey, fino ad avere un alveare nel cortile di casa, Riccardo sembra eccellere in tutto ciò che fa. Le sue eccellenti abilità pratiche, insieme alle sue attitudini intellettuali e alla sua volontà di fare del bene, lo rendono una persona per cui nutro profonda ammirazione e riguardo.
L’esperienza dell’intervista a Riccardo mi ha insegnato molto, ma c’è una lezione in particolare che è molto cara ad entrambi: il non dimenticarsi mai delle proprie radici. Riccardo sottolinea continuamente il fatto che nel profondo si sente un semplice contadino. Questa sua visione gli ricorda che i suoi successi sono dovuti, in parte, anche alle difficoltà che ha dovuto affrontare ed è proprio il superamento di questi che ha dato forma alla persona che è oggi. Essere un contadino significa vivere una vita semplice, accontentarsi di ciò che si ha tra le mani e condividere i propri talenti e le proprie capacità con la comunità.
Essendo io stesso un immigrato, ho sempre capito le difficoltà nel cercare di superare la barriera culturale. Ho sempre aspirato a intraprendere una carriera in ambito medico e ho sempre sognato di aiutare le persone bisognose nella mia comunità. In una delle interviste, Riccardo ha condiviso con me un detto che sua nonna ripeteva spesso: “I poveri imprese i poveri” (?) [“I poveri aiutano i poveri”]. Questo famoso detto mi ha veramente colpito, poiché mi ha sconvolto il fatto che non è necessario uno status per fare la differenza, ma solo la volontà di fare del bene. Provenendo da una famiglia che ha lottato nel corso degli anni, capisco l’importanza di aiutarci l’un l’altro nei momenti di bisogno e di condividere i momenti di gioia. Come immigrato, credo che uno dei miei più grandi ruoli sia quello di ispirare quelli che verranno dopo di me e di essere un esempio vivente del fatto che nulla è impossibile. La strada verso il successo non è facile e l’essere immigrati aggiunge sicuramente delle aspettative e delle difficoltà. Riccardo è stata una persona speciale per me e il minimo che potrò fare per ripagarlo di ciò che mi ha insegnato sarà quello di incoraggiare altri immigrati che lottano a realizzare i loro sogni.
An Inspiring Experience
Throughout this beautiful long journey of discovering a snippet about Riccardo’s life, I learned many lessons and I was truly inspired by his unique character.
The first lesson I learned was the importance of love of learning. Through listening to the unreal story of Riccardo’s education, one could not possibly think it would have been possible to achieve the things he did, if it weren’t for Riccardo’s profound love for learning. Cultivating this strong mentality from a young age, Riccardo grew up believing nothing was impossible. He took advantage of every opportunity to learn, both in and outside of school. His perseverance through years of tough education has played a huge role in defining his character. The skills learned in school go beyond the material in a textbook, and I believe the strong work ethics that develop over years are key to a successful career.
In addition, Riccardo is a very well-rounded individual. This experience has taught me the importance of having vast interests which translates into wanting to give back to the community. From being a trustee on the catholic school board, to coaching hockey teams, to even having a beehive in the backyard, Riccardo seems to excel in everything he does. His excellent hands-on abilities along with his intellectual aptitudes and willingness to serve, render him a person that I truly look up to and aspire to be like.
While the experience of interviewing Riccardo taught me a lot, there is one lesson in particular that is very dear to both his and my heart. Despite of Riccardo’s astonishing achievements, he seemed to never forget his roots. Riccardo continuously points out the fact that deep inside he sees himself as a simple farmer. This remarkable point, reminds him that his successes were all due to the tough times he went through and it is the overcoming of those tough times that shaped who he is. Being a farmer exemplifies living a simple life, yet he shared his talents and skills altruistically with the community.
Being an immigrant myself, I always understood the struggles of trying to overcome the cultural barrier. I have always aspired to pursue a career in medicine and have always dreamed to serve the people in need in my community. In one of the interviews, Riccardo shared with me a saying his grandmother used to repeatedly say: “I poveri aiutano i poveri”. This remarkable saying truly struck me as it remined me that one does not need status to make a difference, only the willingness to serve. Coming from a low-income family who struggled throughout the years, I understand the importance of helping one another in times of need and sharing happiness with one another in times of joy. As an immigrant, I believe one of my biggest roles is to inspire those who will come after me and be a living example that nothing is impossible. The path of success isn’t easy, and being an immigrant surely adds to the expectations. Riccardo was that special person for me. It is the least that I could do to one day pay it forward and to provide the motivation and encouragement to other struggling immigrants to achieve their long-awaited dreams.
Storia Orale / Oral History
La storia orale è stata descritta come “l’intervista del testimone e un modo per riuscire a ricostruire la storia”. La storia narrativa orale è in grado di rivelare prospettive alternative, in particolare se raccolte da gruppi precedentemente esclusi dai registri storici per ragioni politiche, geografiche, sessuali o di appartenenza etnica. Essa consente agli immigrati di raccontare le proprie storie a modo loro.
La storia orale può completare il registro storico, ma può anche creare una narrazione storica. Non di rado, la ricerca nella storia orale può portare alla difesa. Gli storici provano a rispondere a domande come: “Perché questa storia è stata esclusa dal registro storico? Potrebbe portare a una crescente campagna per rettificare i misfatti commessi contro gli italo-americani?” Inoltre, la storia orale riconosce anche gli sforzi di coloro che si sono alzati in piedi per lottare per ciò che è giusto.
La storia orale rende possibile l’emancipazione sociale, politica o economica dei gruppi emarginati e può pertanto essere considerata una forza di democratizzazione. Uno dei valori intrinseci delle voci risultanti dalla testimonianza di prima mano è la capacità di contrastare ed erodere gli stereotipi etnici prevalenti.
Spesso, gli Italo-americani fanno esperienza della storia orale attraverso la danza, il cibo, le pratiche rituali oppure attraverso l’atto stesso del documentare tali tradizioni. Un compito di grande importanza, assunto dagli studiosi della storia orale, è quello di recuperare le conoscenze popolari per poterle presentare al pubblico attraverso festival e mostre.
Secondo un professore di lingua italiana della cultura popolare, fornire agli studenti del patrimonio italiano un accesso diretto a una conoscenza più intima delle forme di cultura italiana è un processo trasformativo. Nonostante il gran numero di “studi Italiani” e programmi di italiano in tutto il paese, solo pochi supportano lo studio della storia orale. Mentre essi studiano la cultura italiana attraverso l’analisi della letteratura, vivere l’esperienza in prima persona attraverso lo studio della storia orale è un’esperienze totalmente diversa. Per avere un assaggio autentico della cultura italiana e conoscerla nel profondo è di vitale importanza che uno studente si trovi faccia a faccia con la varietà di esperienze italiane e voci specifiche delle loro comunità.
La storia orale analizza attentamente l’arte del narratore e il significato personale delle sue narrazioni, situando le storie e la pratica culturale del narratore stesso all’interno di un contesto economico, politico e storico più ampio. Inoltre, le interviste condotte nel campo della storia orale si concentrano sulla prospettiva dell’individuo con cui si parla, ma anche sull’esperienza e sui pensieri dello storico o dell’intervistatore durante e dopo l’incontro.
Gli archivi digitali relativi alla cultura Italo-americana stanno aumentando, così come i progetti sulla storia orale si stanno moltiplicando. Tali archivi possono documentare importanti aspetti dell’esperienza degli immigrati, ma solo una frazione di questi sono digitalizzati o pubblicati. È nostro compito come conservatori della ricca cultura italo-americana ampliare e rendere questo tesoro più accessibile a tutti.
Oral history has variously been described as “the interview of eye witness participants in the events of the past for the purposes of historical reconstruction”. Oral historical narrative is able to reveal alternative perspectives, particularly if collected from groups previously excluded from the historic record for reasons of political, geographical, class, gender or ethnic affiliation. It allows immigrants to “tell their own stories, in their own ways”.
Oral history does not only supplement the historic record but may also create a historic narrative completed through oral research. Not infrequently, oral history research leads to advocacy, as a scholar attempts to come to terms with the question, why has this story been excluded from the historic record, and may lead to growing campaigns to rectify the wrongdoings committed against Italian Americans. It also acknowledges the efforts of those who stood up for what is right.
Oral history validates personal experience previously suppressed or misunderstood, documents emergent realities, and may even profoundly empower socially, politically, or economically marginalized groups which can therefore be considered a democratizing force. One of the inherent values of such multivocality resulting from firsthand testimony is its ability to qualify, even to counter and erode, prevailing ethnic stereotypes.
Many Italian Americans encounter oral history and oral culture through personal and collective acts of cultural recovery, such as field collection, recollection, or actual reclamation of cultural practices. It is often actually direct experience of tradition through dance, food, ritual practice, or the experience of documenting such tradition in the field, that proves personally transformative to immigrants and descendants of immigrants.
A major task assumed by scholars of Italian American folklore is to recover traditional knowledge and often to present it to the general public via festivals, and exhibits that it may be experienced directly.
According to a professor of Italian Folk Culture, providing students of Italian heritage direct access to a more intimate knowledge of the forms of Italian culture in tune with their own family experience is transformative. Despite the large number of “Italian studies” programs around the country, only a few support the fields of oral history. While studying Italian culture through literature analysis provides a strong insight on culture, experiencing it first hand through field-collected materials is a totally different and unique experience. To get a true taste of Italian culture it is vital that a student comes face to face with the variety of Italian experiences and specific voices in their communities.
Oral history carefully analyzes the narrator’s art and the personal meanings of his/her tales while setting the narratives and the cultural practice of storytelling itself, within broader economic, political and historic context. In addition, interviews conducted in the field of oral history not only focus on the perspective of the individual being talked to, but also on the experience and thoughts of the historian or the interviewer during and after the meeting.
Multimedia and digital archives relating to the Italian American experience are growing as oral history projects multiply. Such archives may document important aspects of the immigrant experience, but only a fraction are ever digitized or published. It is our role as conservators of the rich Italian American culture to expand and make this treasure more accessible.
ICAP 2018. Calgary, Alberta: A Stranger at Home
Abstract: A Stranger at Home: Preserving the Roots of Italian Canadian Immigrants
With the aim to collect and preserve narratives and artifacts of Italian-Canadian immigrants, the Italian Heritage Project eyes to expand the realm of cultural richness, while promoting diversity and collaboration. I have personally had the privilege of making a small contribution to this great initiative by interviewing a special member of the Guelph-Italian Community, Richard Gazzola. Through a reshaping of identity, a connection was quickly established between my personal story as an Egyptian-Italian-Canadian immigrant, and Richard, as a Trevisano-Italian-Canadian immigrant, which made us both feel like strangers in a place we once called home. Preserving cultural heritage links one’s personal stories with the identify of Canada, which itself was founded by immigrants. Remembering our predecessor’s roles in shaping Canada makes it hard to feel detached from the issue of immigration. By remembering our own personal and nationhood’s history, we distant ourselves from a nativist mentality, and introduce an all-encompassing culture.
ICAP Conference Transcript
Unsure of the exact location of Richard’s residence I felt quite timid approaching the presupposed house. After knocking and waiting a few seconds at the door, I seemed to hear the words “Avanti, avanti” or “come in, come in” but I still wasn’t so sure I was at the right place. Once the door opened, something quite peculiar yet oddly familiar struck my eyes. On the dinner table, there laid a bottle of wine. Undoubtedly, I must have been in an Italian home.
Hello everyone, my name is Abanoub Aziz Rizk. I am a 4th year Biomedical Sciences undergraduate student at the University of Guelph in Ontario. It is my absolute pleasure to be here among this fantastic audience to share a little bit of my story. To many of you, Abanoub may not strike as a common Italian name and in fact you would be right to assume otherwise. I am Egyptian, a citizen of the country we call Egypt, well… sort of. My favourite food are lasagne al forno, my favourite city is Torino, my favourite movie is Pinocchio and every world cup, except the last one, I proudly hold my flag up and scream “Forza Azzurri”. Egyptian you say? Well, to the world, Egyptian I will remain. I was born in Italy on a cold winter day on December 15, 1997 in the Sant’anna hospital at the outskirts of Torino, in Piemonte. My parents emigrated from Egypt, a few years before, looking for better job opportunities, better education for my brothers and I, and just better quality of life overall. I attended a small elementary school, also by the name of Sant’Anna, in which I learned everything including the Italian language, which became my first language actually, and continued to learn about Italian history, geography and politics. What it meant to be Italian, was engraved into me. On the other hand, my parents were not Italian citizens, and due to that fact, neither myself or my 2 little brothers, Abramo and Antonio, were eligible to apply and become Italian citizens. We were strangers in a place we called home. During 2008 the instability in economy made it tougher and tougher for my parents to find a stable job, so they decided to follow my uncle’s footsteps and apply for Canadian immigration. We officially moved on April 09 2009 and while the first few years in Canada were a bit of a blur, I surely do remember saying the words “Where are you from, I am from Italy” over and over and over again, as at the time, it was really the only English sentence I knew. Yes, I spoke very little English when I moved to Canada and while it surely wasn’t easy, a few years later I finally became leb-leb, in Arabic meaning “fluent”. I am currently studying Biomedical sciences and I am working really hard with the hopes to pursue a career in the field of Medicine.
During the years we spent in Canada, my parents would speak to my brothers and I in Arabic because our group of friends, our church community and our relatives, were all from Egypt. I became part of a completely different culture. By the beginning of my undergraduate studies I had trouble formulating simple sentences in Italian, which also meant who I was, was also changing. I felt a disconnect with my friends from home, and yet I initially also felt like maybe I didn’t fully belong to the new group I was living with. This metamorphosis of social identity became problematic because I myself was unsure of who I was. When I was in Italy I was known as the Egyptian friend. In Canada, my nickname amongst all my friends, is “Italian”. And when I speak to my aunts and uncles in Egypt, I am their Canadian nephew.
During my 1st year of undergrad I had the privilege to begin what now became a beautiful long journey of reconnecting with my Italian roots. The journey began with introductory Italian language classes and with the guidance of wonderful mentors, above all Professoressa Sandra Parmegiani to whom I owe everything and truly would not be here if it wasnt for her, I continued to get involved with the Guelph Italian community. I was introduced to the Italian heritage project. The Italian heritage project works in collaboration with ICAP with the aim to collect and preserve stories and artifacts of Italian Canadian immigrants while providing opportunities for students and the wider community to get involved. It is a collective effort with an incredible array of possibilities and opportunity. I was lucky and privileged, to say the least, to have been part and to be part of such a great initiative.
Unlike traditional research courses, the Italian heritage project course offered at the University of Guelph, under supervision of Prof.essa Sandra Parmegiani, involved an experiential learning opportunity in which students could actually interview members of the community and experience first hand the rich hidden treasures concealed in the stories of Italian immigrants. Amazing I know.
The project I worked on fell under the “Oral history” umbrella. Oral history has variously been described as “the interview of eye witness participants in the events of the past for the purposes of historical reconstruction”. Oral historical narrative is able to reveal alternative perspectives, particularly if collected from groups previously excluded from the historic record for reasons of political, geographical, class, gender or ethnic affiliation. It allows immigrants to “tell their own stories, in their own ways”.
Oral history does not only supplement the historic record but may also create a historic narrative completed through oral research. Not infrequently, oral history research leads to advocacy, as a scholar attempts to come to terms with the question, why has this story been excluded from the historic record, and may lead to growing campaigns to rectify the wrongdoings committed against Italian immigrants. It also acknowledges the efforts of those who stood up for what is right.
Oral history validates personal experience previously suppressed or misunderstood, documents emergent realities, and may even profoundly empower socially, politically, or economically marginalized groups which can therefore be considered a democratizing force. One of the inherent values of such multivocality resulting from firsthand testimony is its ability to qualify, even to counter and erode, prevailing ethnic stereotypes.
A major task assumed by scholars of Italian folklore is to recover traditional knowledge and often to present it to the general public via exhibits and festivals, like many that we host in Guelph.
Providing students of Italian heritage direct access to a more intimate knowledge of the forms of Italian culture in tune with their own family experience is truly transformative. Despite the large number of “Italian studies” programs around the country, only a few support the fields of oral history. I am proud to have been part of one in Guelph. While studying Italian culture through literature analysis provides a strong insight on culture, experiencing it first hand through field-collected materials is a totally different and unique experience. To get a true taste of Italian culture it is vital that a student comes face to face with the variety of Italian experiences and specific voices in their communities.
Interviews conducted in the field of oral history not only focus on the perspective of the individual being talked to, but also on the experience and thoughts of the historian or the interviewer during and after the meeting.
Multimedia and digital archives relating to the Italian Canadian experience are growing as oral history projects multiply. Such archives may document important aspects of the immigrant experience, but only a fraction are ever digitized or published. It is our role as conservators of the rich Italian Canadian culture to expand and make this treasure more accessible.
You may now be wondering, how the suspenseful story of the bottle of wine had anything to do with why I am here today. Well, I had the privilege to interview a really special member of the Guelph Italian Community, Mr. Richard Gazzola. The moment I described, was the first encounter I had with him at his own home. I was fortunate enough to spend time with him at the dinner table and to listen to the rich past of his unique and remarkable story. Richard’s immensely successful life and strong attachment to his Italian roots truly struck me and gave me many lessons to learn from.
In many ways, Richard’s story parallels my life. At some point, we were both foreigners living in a place away from home.
As soon as I walked into the house, I was given a very warm welcome. I was offered something to drink and eat, making me truly reminisce the beautiful days of my own life in Italy. The loving nature of this a magnificent culture, of my magnificent culture, was all enclosed in the character I was meeting. After introducing myself to Richard we quickly developed a strong connection as he understood the struggles of having to acclimatize to a new way of life. Although Richard was born in Canada, he lived with an Italian family who greatly valued their Italian roots. More importantly, they lived their life the same way Trevisani lived in Italy during the late 1800s.
Throughout his life, Richard continuously showed excellence in his education and valued the importance of school. Richard dedicated years to study engineering and later in life also pursued a career in law becoming both a professional engineer and a lawyer. Yes, I know.
Richard’s rich past renders him a unique individual amongst the Italian-Guelph community. “A culture frozen in time”, is how Richard likes to describe his Italian roots. Richard’s Italian origins go back many years to the time his Grandmother lived on Italian soil. The language and culture remained deeply attached to Richard’s life.
I would like to share with you today a snippet of one of the most interesting stories he has shared with me throughout this year journey. Richard described to me a vacation which eventually became extremely dear to his heart. A vacation that transcended the barrier of time and made him return to the place frozen in his memory, which, he called home.
“Rio Grande Do Sul” was a magical place in Richard’s eyes. This small town located on Brazilian soil, meant a great deal to Richard because it was populated by Italians who, just like him, were also frozen in time. During the late 1800s, there was a massive migration of Italians to this location due to the political and financial crisis back home. Most immigrants were poor peasants from Trentino and Veneto, in Northern Italy, who were fascinated by the vast presence of land in that region of Brazil. Many of the small farmers cultivated grapes and lived simple lives, reminiscent of the life back home.
The lifestyle of the Brazilian residents was very similar to the one Richard’s grandmother would always speak about. In many ways, Richard’s visits to Brazil resembled his Italian roots more than visiting the same physical places his family came from. The difference was that people in Italy were immensely affected by the development of technology and globalization while those in brazil froze in time and were in many ways, disconnected from the world. One example that illustrates this was when Richard saw something in Brazil that he himself could not believe. One of the local residents was rolling a cigarette with the “Scartoce delle panoce” which involved rolling paper made of starch. When Richard asked the resident whether it was indeed what he thought, the resident himself was surprised. Richard had always heard of this concept but never seen it in person and would probably never see it on Italian soil.
Now, I’d like to share with you a very small snippet of a video I put together of some pictures of Richard and I, and in the background you’ll actually hear Richard speaking in his very unique dialect. Enjoy!
Now, a few years after I moved to Canada, my family decided to travel back and spend a small vacation in Italy. We were asked to provide our Egyptian passport and we went through the foreign visitor gate, a bit as if the 11 years I spent in Italy never existed. In the same way that I felt like I did not fully belong, Richard also felt the same way when he travelled back to treviso. He described this when he told me “Giuseppe, (the Italian name I acquired), I was in Treviso giving a speech to the local Italians but there were words I said that they themselves did not understand, we did not understand each other”. Through a reshaping of identity, a bond was quickly formed between us due to my personal story as Italian-Egyptian-Canadian immigrant, and Richard, as a Trevisano-Italian-Canadian immigrant, which made us both feel like strangers in a place we once called home.
Now, for my favourite part of this whole presentation. Being a somewhat of a non-traditional presenter, a science student, giving a presentation in a conference focused on language and culture, I decided to bring to you something special. I always loved science experiments and so I decided I would conduct one in front of you today. It is a fairly dangerous experiment, so I will put on my pair of safety goggles. In the lab, we like to call this experiment: making a cup of tea. I have here a Silicon dioxide cup, a glass cup, and will be submerging this chemical mixture of esterified fragrances, organic herbal residues, and a field collected mint leaf into a dangerously poured cup of warm dihydrogen monoxide, tap water. Here it is.
Now, surely I must explain or I’ll never be invited to another conference again. This dangerously performed science experiment was meant to represent the concept of social identity formation. The tea bag represents who we are when we are born. Our genetic make up, our imprinted identity. Alone, the tea bag was there, it existed, but didn’t fulfill its full purpose by just being in my hand. In contrast, when the tea bag was submerged in water, its environment, things were very different. The tea bag’s full potential was reached, its role, its function, its purpose was achieved. The water here represents the society we are surrounded by. Who we are when we are born, is not the same as who we are following the life long process of socialization. Now, the water represents one culture. The special thing about immigration is that, the same tea bag learns to adapt to new environments. Our true identity is a mixture of our genetic make up, who we are when we are born, and our social identity, formulated by the environment we are surrounded by. It is the combination of the two that makes a cup of tea such a beautiful thing. My story, Richard’s story, and many other immigrants stories, are special because of both the composition of our tea bag, and our ability to adapt to and reform the composition of our environment. NOW, the mint leaf you ask? I just like the extra flavour (take sip).
Preserving cultural heritage links one’s personal stories with the identify of Canada, which itself was founded by immigrants. Remembering our predecessor’s roles in shaping Canada makes it hard to feel detached from the issue of immigration. By remembering our own personal and nationhood’s history, we distant ourselves from a nativist mentality, and introduce an all-encompassing culture.
I’d like to offer a special thanks to my parents, my dad who came with me today and my mom who is back home, two individuals to whom I owe everything Shokran Baba w Mama. I’d like to thank Prof.essa Sandra Parmegiani who supported me and continues to support me throughout the whole journey, Grazie Professoressa. I’d like to thank Sharon Findley who greatly contributes to the Italian heritage project and has helped me immensely with putting the video together. Prof.essa Roberta Cauchi Santoro who always stood by my side and motivated me to continue pursuing my studies in Italian. And of course, Id like to thank all the individuals who made today possible through the ICAP program. It is truly an honour to be part of this fantastic community. Thank you.