Anna Ciardullo Villapiana: Poesia

Excerpts from the book “NARRARSI ALTROVE Viaggio tra i cimeli e i luoghi dell’anima” by Anna Ciardullo Villapiana, edited by Gabriel Niccoli in collaboration with di Stella Paola

“…Often viewed as the voice of memory, or even as the material
place of memory, within the silence of diaspora, the diasporic
object is forged by our poet into a cultural icon capable of preserving
and rewriting the historical consciousness of its custodian’s
community. […] Ciardullo Villapiana’s poetry is thus able to
save these objects from the encroaching postmodern spectre of
disquiet and obsolescence with its ensuing inalterable oblivion.
The object becomes as well for her, as indeed it is for its keepers, a
metaphor for literature. In the sense that even if we are no longer
able to visit the object’s initial place, its roots, its original spark, we
can still tell a story about it, we can still make it live through language
and narrative. And that is literature…”

Gabriel Niccoli
St. Jerome’s University
University of Waterloo


“…Proprio per l’architettura a più livelli, il progetto realizzato da
questo libro è ambizioso e innovativo. Le narrazioni diasporiche
diventano qui generatrici di scritture che si influenzano e si richiamano
a vicenda, come variazioni esecutive che confluiscono in
un’orchestrazione polifonica…”

Margherita Ganeri
Università della Calabria
Poetic excerpts reproduced with the kind permission of Rubbettino, from the work ‘NARRARSI ALTROVE: Viaggio tra i cimeli e i luoghi dell’anima’ authored by Anna Ciardullo Villapiana.
La catenina d’oro p.153
Bagno le paure al fonte battesimale
l’olio dei catecumeni unge la fronte to mi copro di monili
la dea bendata si posa sulla veste bianca anelli intrecciati al polso dei ricordi
e orecchini a ripetere voci a ricordarmi chi sono.
Porto addosso, da allora la coperta della fede
mi riscalda e mi protegge.
Se mi adagio come un bambino
nel grembo della madre terra
è accanto all’albero delle mie radici che vorrei restare dove scorrono rusce
accanto a rivi sacri.
I immerse my fears
in the baptismal fount
while the oil of catechumens anoints my forehead and chest
I cover myself up with jewelry Blindfolded is the goddess
that reclines on my pure white dress Rings and bands loop around
a gilded wrist of memories while lobe-appended gems
tinkle to recall voices of my own making

I keep wearing
the mantle of my faith
It keeps me warm and shielded If I lie down to rest
like a child in the womb of mother earth it is the tree of my roots
that gives me shade
near brooks that irreverent flow
by consecrated rivers


Svuotavo l’anima
mi illudevo di lasciar cadere
ad uno ad uno tutto ciò che mi legava a te.
Le zolle di terra,
i versi scritti sulla sabbia
guardando il mare
la nave gettare l’ancora
ed io che ti vedevo scendere in un porto lontano.
Iniziai a riempire quel baule di lini bianchi e di merletti,
guardando il mio abito di nozze,
cucendo sulla pelle i fili di un amore nuovo
tessendo trame di sogni.
Chissà tu dov’eri,
chissà quante volte pensavi a me.
Il mio abito viaggiava in quel baule su quella nave
che avrei voluto mi portasse a te,
ma al porto mi attendeva un altro uomo.
Lo avrei sposato, avrei speso con lui il resto dei miei giorni.
Quando infine ti incontrai i tuoi capelli erano bianchi,
i miei occhi rugosi,
i fiori ormai appassiti come i giorni vissuti senza te.
Quando tornai alla mia vita,
rimase solo la tua voce a farmi compagnia,
e sebbene lo volessi, non riuscii mai a disfarmi di te,
ogni volta che aprivo quella valigia ti trovavo lì, nella stiva,
accanto ad un baule che non ho mai saputo riempire né svuotare.

Emptying my soul
in the bowl of deception
one by one I let fall
all that still binds us
Clods of fresh earth
Verses abandoned on wind-scattered sand
while rippled sea lines
compose a ship dropping anchor
I look upon you
as you get off that ship
on a misty and distant shore
White linen and lace
filled the vessel of a migrant trunk
as the silken folds of a wedding dress
weaved webs of dreams
not to be dreamt
Wondering where fate took you
Dreaming you would dream of me
My sailing bridal gown
journeyed on an ocean trunk
destined to moor on a heartless sea
Laden with life’s drudgery
with unfulfilled desires
we met once more
Flowers withered by time
Faded as the days lived without you
Retreating into my lonely life
the echo of your voice echoes within mine
comforting my soul
unwilling to say goodbye
Light now flutters pale
over a sea-scoured trunk
All that still binds us lies within it still
A stow-away phantasm
in a cavernous coffer
I was never able to fully pack or unpack

I miei scarponi
battevano il tempo su strade polverose
calpestando fango e spine, asfalto e vento
camminavano con l’uomo e il gregge
salivano su alberi ramosi
e su scale ripide.
Scendevano colline
fino ad inzupparsi al mare
e sulla prua di quella nave, al porto,
si fermarono per un istante a salutare.
Sentirono freddo dopo l’ormeggio
l’ancora penetrava le acque di un grigio mare.
Il fango disseccato divenne ghiaccio sotto le suole
e schegge di metallo.
I passi guidavano mani a raccattare attrezzi
utili a lavori nuovi
si macchiavano di stucco bianco
si riempivano di neve.
Seguivano l’eco dei passi gli occhi
per vedere i luoghi del presente convivere sotto le suole dei ricordi.

Trekking across the dusty roads of time
trampling on thorny muck
of mud and asphalt
my old boots fought
raspy winnowing winds
walking along man and herd
Grazing tufts of cork bark
they climbed atop trees
measuring the life of their branches
My boots came down trodden hills
to bathe at sea
And on the ship’s bow
they rested a little for the migrant good-bye
Cold seized them at mooring
the liner’s anchor deep-reading
cryptic lines on a murky-gray seabed
Shrivelled mud turning icy under the soles
my boots walked me to gather gear
for unnamed jobs
caulk-stained in white
and pearled by snow-drifting stars
My eyes danced to the rhythm of my boots
as the new landscape with the old
trekked together in quietude
echoing the memory of my
Ho calpestato terre straniere senza radici né Dio
ho sfogliato pagine di inchiostro e di ricordi
portando nelle tasche il ferro di un cavallo senza nome.
Custodivo chiavi che non avrebbero aperto nessuna porta
restituendo le loro stanze al passato
ma mi piaceva spiare dalla serratura
quel raggio di luce che le penetrava.
Perseguitarono i miei avi ebrei
li esiliarono
esiliarono me
con un mortaio tra le mani
sul calesse azzurro
di una nave greca
che mi pose davanti ad uno specchio
ad ascoltare voci
e dal ventre della madre dal quale uscii
per una seconda volta leso
sacro come metallo
non ho mai smesso di proteggere
ciò che vive da ciò che muore.

On foreign lands without roots
nor gods I stepped
I leafed through pale pages
lined with black-inked memories
while my trouser pocket guarded
an old unnamed horseshoe
I shielded keys without opening doors
leaving dust-coloured rooms lifeless
still wanting to catch through the door lock
the dimly-lit conclave of memories
They persecuted my Jewish ancestors
They exiled them as they did me
Me with the mortar in my hands
on the azure-tinged deck of a Hellenic liner
On docking
my weary vessel reflected images
rising from the ocean floor
and oneiric voices calling
My mother’s womb twice birthing me
I never stopped protecting
what lives from what dies
L’alito di Dio
mi soffiava dentro
da quando, bambina, lo sentii
svegliandomi
tra i fiori freschi del paradiso.
Lo scorgevo nell’ostia
e nei calici libati
su altari marmorei
coperti da stoffe nere
che mi avvolsero per tre anni
cucendo addosso un dolore.
Cadde infine quel lutto
e mi vestii di musica e di parole.
Intanto mio padre continuava a imbastire
fili di passato su stoffe seriche
che prendevano forme di corpi eleganti.
Quella macchina sulla nave della memoria
è rimasta avvolta da una coperta di lana
che riparò entrambi dalle onde di un Atlantico cattivo.
Infine raggiungemmo il porto
senza gambe né piedi
ma riuscimmo a tenere insieme i pezzi
per abitare il lembo di una terra benedetta dal gelo.

The breath of God lifted my soul
Its gentle breeze dawning on me
child in the flowerbed of Heaven
I discerned His spirit in the hosts
and sacred vessels
on marble stone altars entombed
by black robes that clothed me for years
patching up my grieving soul
Mourning finally faded
I clothed myself with music and words
while my father kept on stitching
threads of time on satin garments
poised in human elegance
Carefully wrapped in a wool blanket
my sewing machine journeyed
on a vessel of memories
that sheltered us both safely
from the wintry fury of the Atlantic
We reached at last our harbour
together yet split in two
We managed to piece ourselves together
to live in a new land blessed by frost
Posavo lo sguardo sul Vesuvio
fino a vederlo scomparire
ingoiava coi suoi fumi ormai spenti
i miei ricordi, i miei vuoti, le mie ore passate.
Viaggiavo in terza classe
la Saturnia si rifletteva nel mare
tra le voci di vite in bianco e nero
che coloravano il ponte con gli stessi volti,
gli stessi respiri, le stesse paure, le stesse speranze.
Il mare a volte si faceva buio
a volte ci cullava con i suoi ritorni.
Ti aspettavo.
Il velo finalmente sfiorò il selciato
il paese era in festa
la mia era una vita come quella dei santi
che rendono sacri i luoghi
in cui vivono
si bagnano al fonte battesimale di altri campanili
ma sanno che il cielo è uno solo.
Sono le parole che non ho scritto
su quella cartolina
in mezzo al mare
a tingere l’oblò di inchiostro.
L’albatro non si è fermato al primo volo.

Unmoored
my migrant ship left harbour
under the giant’s Vesuvian gaze
his mountain mouth ghastly gulping
my emptiness
and my dreams
Sailing third class
with my Saturnia mirrored in the sea
I felt voices grained in black and white
Sounds swelling the ship’s deck
with plaintive sighs
hopes and fears
At times the ocean was a darkened canvas
at times it swayed me
breaking new waves
I waited for you
Your bridal veil kissed softly
the sacred threshold
The village danced in celebration
Mine was the simple life of saints
hallowing their abodes
Anointed at the fount of other baptistries
secure in their unique Heaven
Words I never scribbled
on the ship’s postcard
on the high seas
my cabin’s porthole tinged
with memory’s liquescent ink
My albatross wings
were not clipped on their first flight